ADDIO A DON GIOVANNI BARBARESCHI fondatore dell’OSCAR, “Ribelle per amore” e Giusto al Giardino di Milano dal 2014

Si è spento all’età di 96 anni don Giovanni Barbareschi, fondatore dell’OSCAR, prete “ribelle per amore” e Giusto al Giardino di Milano dal 2014.
“O si vive come si pensa o si è schiavi .Vi auguro di essere capaci di reagire alla schiavitù di oggi: ieri ci facevano paura usando i mitra, oggi cercano di condizionarvi con la mano di velluto, ma vi strozzano lo stesso. Siate liberi, critici e consapevoli. L’umanità non si divide tra esseri credenti e non credenti, ma tra uomini schiavi e uomini liberi”. Questo il suo appello accorato e molto toccante ai ragazzi presenti al Monte Stella in occasione della Giornata dei Giusti 2014. “Giovani, innamoratevi della libertà. Solo così si diventa uomini”.

Nato a Milano l’11 febbraio 1922, in una famiglia borghese, con l’armistizio dell’8 settembre decide di appoggiare la Resistenza. Con altri amici dell’associazionismo cattolico fa parte della redazione del giornale clandestino “il Ribelle”. Assieme ad altri tre sacerdoti amici tra loro, don Enrico Bigatti, don Andrea Ghetti, don Natale Motta, è tra gli iniziatori e attivi gestori dell’OSCAR, (Organizzazione Soccorso Cattolico Antifascisti Ricercati) le cui prime riunioni si svolsero presso il Collegio San Carlo di Milano. L’organizzazione riesce a portare in salvo in Svizzera migliaia di persone, preparando per attivisti e beneficati – antifascisti, ebrei, prigionieri alleati rimasti dietro le linee – i documenti falsi per circolare fino al momento di espatri. All’opera partecipano alcuni scout clandestini delle “Aquile Randagie”.

Il 10 agosto 1944 15 partigiani sono fucilati in piazzale Loreto dalla Brigata Muti e lasciati sulla piazza: il diacono Barbareschi, che ha proposto al Cardinale Schuster una processione cittadina sul posto (scartata per motivi di sicurezza), viene inviato dall’Arcivescovo a benedire le salme, a ricomporle e recuperare qualche effetto personale o messaggio per le famiglie o i compagni rimasto loro addosso. Tre giorni dopo viene ordinato sacerdote e dopo altri due giorni arrestato e condotto a San Vittore. Torturato dalle SS e dai repubblichini, resiste fino a quando l’intervento del Cardinale non ne ottiene la liberazione.

Ripresa l’attività partigiana in Valcamonica come cappellano con le Fiamme Verdi, viene arrestato di nuovo e finisce nel campo di concentramento di Gries (Bz). Durante il trasferimento verso un lager tedesco riesce a fuggire. Ritorna a Milano e si prodiga nei giorni successivi al 25 aprile affinché SS e fascisti non subiscano linciaggi o giustizia sommaria, ma siano consegnati agli Alleati per essere regolarmente processati.

Nel dopoguerra è accanto a don Gnocchi nell’assistenza ai mutilatini. Docente amatissimo da colleghi e studenti presso il Liceo Classico Manzoni di Milano, per anni dirige la Casa religiosa dell’Alpe Motta di Madesimo. Con il cardinale Carlo Martini è artefice della “Cattedra dei non credenti” presso l’Università degli Studi di Milano per un incontro franco, aperto, conciliatorio tra le diverse religioni e credo filosofici.

Nonostante l’età avanzata si prodiga per raccontare ai giovani queste pagine della nostra storia valorizzando l’amore per la libertà e l’intervenire per il rispetto ed il salvataggio dell’altrui vita.

Insignito di numerosi riconoscimenti civili e religiosi (medaglia d’argento della Resistenza, attestato di benemerenza della Comunità Israelitica di Milano, 1955), ha ricevuto nel 2011 l’Ambrogino d’Oro del Comune di Milano.

Dal 6 marzo 2014 a don Giovanni Barbareschi sono dedicati un albero e un cippo al Giardino dei Giusti di tutto il Mondo di Milano.

 

RICORDO DI MONS. GIOVANNI BARBARESCHI

(Rosetta Cannarozzo Presidente del Centro Culturale Tommaso Moro)

Ho avuto il privilegio di conoscere da vicino mons. Giovanni Barbareschi, morto il 5 ottobre scorso all’età di 96 anni, nell’autunno del 2011. Di questo splendido sacerdote conservo un ricordo indelebile perché dietro l’aspetto fisico minuto e l’andatura incerta a causa dell’età, traspariva subito la tempra di uomo forte, combattivo, generoso, pronto a rischiare in prima persona per la difesa della dignità dell’uomo e della giustizia. Non a caso la città di Milano il 7 dicembre del 2011 gli ha consegnato l’Ambrogino d’oro e, nel 2014, l’ha inserito nell’elenco dei Giusti dedicandogli un posto nel “Giardino dei Giusti”.

Di don Giovanni desidero ricordare un simpatico aneddoto. Dopo averlo incontrato nel locale Istituto Comprensivo, dove aveva letteralmente affascinato gli alunni di terza media parlando di libertà, di dignità, di impegno e di molti altri concetti profondi con linguaggio schietto e immediato, gli chiesi di venire per il Tommaso Moro. Accettò di buon grado e aggiunse sornione “mi raccomando: organizzi tutto subito. Perché, alla mia età, è meglio non rinviare.” E così, il 28 ottobre 2011, il “Ribelle per amore”- come è stato definito da papa Wojtyla, con riferimento al nome della rivista clandestina di cui Barbareschi fu redattore durante il fascismo- venne nella nostra parrocchia, ospite del nostro centro culturale. Fu un vero successo. E ora, per onorare la memoria di questo straordinario personaggio, pubblichiamo l’articolo scritto in quell’occasione da un caro amico, anch’egli recentemente scomparso: Brunello Maggiani.

 

Monsignor Giovanni Barbareschi UN MAESTRO DI FEDE E DI CORAGGIO

Brunello Maggiani (da Radar di novembre 2011)

Inaugurata la stagione 2011/2012 del Centro Culturale Tommaso Moro con monsignor Giovanni Barbareschi che ci ha parlato di persona umana e libertà.

Il 9 settembre 1943, in una Milano che, dopo la caduta di Mussolini, stava per essere occupata dai tedeschi e dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana, un giovane diacono (aveva 21 anni), Giovanni Barbareschi, chiese udienza all’arcivescovo cardinale Schuster e gli confessò che, da quel momento, avrebbe partecipato alla lotta per la liberazione del suo Paese. Entrò a far parte della brigata partigiana “Fiamme verdi” di ispirazione cattolica della val Camonica, il cui fondatore, Teresio Olivelli, diede vita al giornale “Il ribelle” e fu l’autore della preghiera del ribelle che esaltava la lotta partigiana “intrapresa non per odio ma per amore della libertà e in nome della dignità umana”. Le Fiamme verdi operarono soprattutto lungo il confine italo-svizzero per fare espatriare gli Ebrei e mettere in salvo i giovani renitenti all’arruolamento nell’esercito repubblichino. La lotta dei partigiani contro i nazi-fascisti fu dura e senza tregua. Giovanni Barbareschi venne arrestato e tradotto nel carcere di San Vittore, dove fu torturato per indurlo a rivelare i nomi dei compagni di lotta e dei loro capi. Il giovane diacono, nonostante i pesanti interrogatori, non parlò. Fu liberato alcuni mesi dopo per intercessione del cardinale Schuster. Alla fine della guerra, nel 1945, l’arcivescovo volle riceverlo e si inginocchiò davanti a lui ringraziandolo e dicendogli “così facevano i vescovi davanti ai martiri”.

A quasi settant’anni di distanza da quegli episodi, il novantenne monsignor Barbareschi (che lucidità!) è venuto a Milano Tre, invitato dal Centro Culturale Tommaso Moro, per parlare sul tema “Persona umana e libertà”. Davanti a un folto pubblico che, attratto dalla fama del sacerdote e dalla sua straordinaria capacità di esporre in modo semplice concetti e idee, lo ha ascoltato in religioso silenzio. Mons. Barbareschi ha esordito rivolgendosi all’uomo e affermando “tu sei un essere unico e irripetibile, creato da Dio; sei un capolavoro. Non appartieni a nessun altro. Se tu fossi uno schiavo, il padrone potrebbe comandare le tue azioni, ma non le tue intenzioni. L’unicità del tuo essere è perché sei un uomo libero. Sei un uomo solo se desideri essere un uomo libero”. E continua chiedendosi cosa si deve intendere per libertà e rispondendo che la libertà non va confusa con la spontaneità che è in ciascuno di noi. La libertà è un tesoro nascosto nella nostra persona; è il potere di scelta del proprio progetto di vita- sostiene con convinzione. E a conclusione del suo intervento, mons. Barbareschi afferma “sono felice quando incontro persone che amano, perché solo nell’amore si realizza la Libertà”.

Alla fine della conferenza, don Giovanni si è congedato dal pubblico con l’augurio “buona strada a tutti, sulla via della libertà”.

 

 

 

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*