Nuovo Radar Anno L – n. 3 Marzo 2022.PDF
Si vis pacem…
<<Si vis pacem, para bellum>>. Gli antichi romani, costruttori del più duraturo impero della storia, reso solido dalla legge, avevano così sintetizzato la logica spie- tata del mondo: «se vuoi la pace, prepara la guerra». Ma Gesù, il Re dei re e il Signore dei signori, disse a Pilato: «il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36). E disse ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14,27). E, risorto, salutò così gli apostoli: «Pace a voi!» (Gv 20,19).
«La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio». Così scriveva, nel 1963, papa Giovanni XXIII nella Pacem in terris. Il mondo stava tirando un respiro di sollievo per la soluzione pacifica della crisi dei missili a Cuba. La minaccia atomica si allontanava. Tutti i pontefici hanno donato al mondo un prezioso magistero di pace, troppo spesso inascoltato.
Ho riletto in questi giorni tristi, seri e concitati, questi testi preziosi. Molti pensieri si rincorrono. Trent’anni dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica stiamo vivendo una tremenda crisi in Europa. Nonostante l’anno tremendo del Covid, nonostante i proclami “nessuno si salva da solo”, sia da capo. Pare che l’uomo non sappia imparare nulla dal passato.
Mentre scorrono davanti ai nostri occhi immagini dolorose che non avremmo mai voluto vedere, suonano profetiche le parole addolorate di papa Francesco. Quante volte ci ha ammonito in questi anni circa «una Terza Guerra mondiale combattuta a pezzi!». E nell’ultimo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2022 denunciava: «Negli ultimi anni è sensibilmente diminuito, a livello mondiale, il bilancio per l’istruzione e l’educazione, considerate spese piuttosto che investimenti… Le spese militari, invece, sono aumenta- te, superando il livello registrato al termine della “guerra fredda”, e sembrano destinate a crescere in modo esorbitante».
E così, mentre medito su questi fatti, mi sorge dal cuore, spontaneo, il pensiero: si vis pacem, para pacem! Se vuoi la pace, prepara la pace! (Era il programma di padre Ernesto Balducci).
Dove ci condurrà la logica della violenza e della ritorsione?
All’annientamento. Ecco perché occorre tagliare subito alla radice ogni radice dell’odio. Lasciando ad altri ogni analisi storica, economica, militare mi chiedo: come vivere da cristiano questo tempo?
Ripudiando la violenza e sostenendo in tutti i modi coloro che soffrono per la guerra.
Giovanni XXIII aveva scritto che “la verità sarà fondamento della pace, se ogni individuo con onestà prenderà coscienza, oltre che dei propri diritti, anche dei propri doveri verso gli altri. La giustizia edificherà la pace, se ciascuno concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri. L’amore sarà fermento di pace, se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito. La libertà infine alimenterà la pace e la farà fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione e si assumeranno con coraggio la responsabilità delle proprie azioni”. Questo deve essere il nostro programma.
Per certi versi, la tristissima situazione che viviamo mi fa sentire vicini a me, prete, quei grandi sacerdoti ambrosiani che negli anni della Seconda Guerra Mondiale hanno avuto il coraggio di stare dalla parte dei deboli. In questi giorni ripensavo ai “Giusti tra le Nazioni” don Giovanni Barbareschi (cui Basiglio ha dedicato un albero, vicino alla chiesa, nel GIARDINO DEI GIUSTI DIFFUSO), don Eugenio Bussa, il prossimo beato don Mario Ciceri, don Enrico Bigatti (di cui conservo una bella immagine), il nostro coraggioso don Silvio Coira. Questi preti si espose- ro alla morte per salvare tante vite. Don Giovanni con don Enrico, don Andrea Ghetti e altri organizzarono OSCAR (Opera Soccorso Cattolica Aiuto Ricercati) e misero in salvo in Svizzera migliaia tra ebrei, dissi-denti, soldati alleati. Don Silvio a Magnago negoziò la tregua e ot- tenne la ritirata della Wermacht evitando reciproche rappresaglie. Lo stesso fece con Bigatti a Mila- no (Crescenzago), andando incontro ai tedeschi «armato di una Ave Maria».
In questi giorni Mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, ha chiesto il non coinvolgimento del nostro Paese nel conflitto né con armi e né con preparazione di uomini. Un politico lo ha apostrofato come “pacefondaio”.
Probabilmente dobbiamo diventare tutti “pacefondai”.
Don Luca
Articolo tratto da “Nuovo Radar – Marzo 2022″.
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